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1 aprile 2013

L’antagonismo velleitario dei centri sociali

Deve essere una soddisfazione stare dietro ad uno che scrive post entusiastici sul papa argentino, criticando quelli che ce l’hanno con il pontefice perché non ha fatto un cazzo durante la dittatura in quel paese.  Un miliardario che strizza l’occhio al sindacato di polizia che difende gli assassini di Aldrovandi, che stringe la mano a casapound ed ha una che fa l’apologia del fascismo sul suo blog. Ci si deve sentire veramente dei geni a stare dietro a questo. Echecazzo, lui impersona bene ‘sto paese. Prima Berlusconi ed ora lui che ci lascia Monti come governo. Sì, ‘na bella soddisfazione.


Il bello di questa roba qui, o la tristezza, è che dietro contorcimenti dialettici poco comprensibili ai più ci stanno un po’ di “intellettuali” che dettano la linea in qualche centro sociale di quelli in cui si paga l’affitto al comune.
Ora, ‘sta gente sembra aver trovato una via sicura per gettare le basi dialettiche e di contenuto su cui organizzare la prossima rivolta, gli ingredienti sono:
1- una bella analisi retorica di tale Sciortino su quello che avviene nella palude di questo paese; senza peraltro, oltre al torrente di parole che scimmiottano il Toni Negri dei bei tempi, una ben minima analisi che abbia come sintesi una semplice proposta sulle eterne domande: che fare, come organizzare, con quale orizzonte che tenga a mente che qualche miliardo di persone alla fine dovrà pur cambiare la propria condizione di vita prima che siano morti.
2- un po’ di aperitivi e cene sociali, tanto per stare insieme e finanziare così l’acquisto delle aste di bastone con cui armare le falangi di ragazzini per i prossimi cortei.

Devo confessare che non mi ci ritrovo più. Avevo molta simpatia per questi soggetti poi, come avviene sempre, misurati sul concreto dispiegarsi degli avvenimenti ti rendi conto che è la solita perdita di tempo dietro al velleitarismo che spiega le sue ali su tutti noi. Avessero avuto almeno la pazienza di studiare sui sacri testi e prepararsi alla bisogna con qualche cosa che vada oltre la scoperta “dell’operaio sociale” ,e della constatazione che i ceti medi si stanno proletarizzando.
Sono talmente avanti questi qui che non vedono l’evidenza: la crisi sistemica è figlia di un processo che va avanti dagli anni 80, quelli in cui la fine di un ciclo di espansione capitalista non ha più permesso processi di redistribuzione di redditi e ricchezza sociale che hanno finanziato  lo sviluppo di un welfare in grado di offrire garanzie seppur minime ai non garantiti o agli espulsi dai processi produttivi.

E’ triste constatarlo ma le “poderose” idee che volevano cambiare lo stato di cose hanno avuto il loro massimo sviluppo, e raggiunto un po’ di obiettivi “sociali”, in presenza del dispiegarsi di quel periodo che “Hobsbawn” ha chiamato l’età dell’oro a cavallo tra fine anni 50 e fine anni 70. 
Aumento della ricchezza prodotta nei paesi occidentali, conflitto sociale, aumento dei redditi e  conquista di maggiori diritti.
Ora l’orologio della storia sembra tornare indietro con in più alcune novità. Uno spostamento evidente della produzione di valore in quelle parti di mondo in cui i processi, che da noi sono solo più un ricordo, devono ancora prodursi. L’aggravante per noi in questo contingente storico che “tutto ciò che non serve alla valorizzazione del capitale è un lusso, e in tempi di crisi il lusso non è più opportuno.Più in generale, occorre sempre ricordarsi che i servizi e le ristrutturazioni non sono lavori che producono capitale, ma dipendono dai settori produttivi; in tempi di recessione,, cultura ed educazione, protezione della natura e salute, sovvenzioni alle associazioni e difesa del patrimonio, lungi dal poter servire da motore per la crescita, sono i primi a essere sacrificati per carenze finanziarie” (Anselm Jappe).

A tutto questo cosa si contrappone? Sterili dibattiti sull’uscita o meno dalla moneta unica come se il capitalismo non avesse dimostrato in qualche secolo di storia di poter funzionare dentro altri contenitori, una fiducia cieca (nel senso proprio di cieca e senza orizzonti) in fenomeni politici che sono roba da baraccone e privi di qualsiasi spessore ideologico che leghi con un filo un’idea di società su cui indirizzare gli sforzi di chi lotta e resiste.
Non c’è nulla che in questo momento vada oltre la percezione che, nello stato attuale dei rapporti di forza e dell’assenza completa di forze che si siano poste il problema di strutturare un minimo di “organizzazione” antagonista, quello che accadrà sarà solo la riedizione di quella macelleria a cui abbiamo già assistito in altri periodi storici.
Di questo però una parte di responsabilità è sulle spalle di quei soggetti che scherzano con il fuoco con l’illusione di non bruciarsi le mani.